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Macchine per scrivere - l'ingegneria al servizio della scrittura


Il calcolo e la scrittura nella storia

Cenni sull’invenzione della macchina per scrivere e della calcolatrice automatica

 






Questa pagina Dicembre 2013





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Questo breve "articolo" nasce da un progetto divulgativo che sto portando avanti da qualche tempo e che prevede anche la realizzazione di un piccolo opuscolo pubblicitario sulla macchina per scrivere. Il lavoro è partito, inizialmente, per la realizzazione di un volumetto che intendo regalare ai possessori di macchine antiche per pubblicizzare il mio lavoro ed è stato pensato per diventare un libretto di piccolissime dimensioni; poco più tardi, però, mi sono accorto che esso rappresentava già un piccolo ma valido "articolo" divulgativo. Quindi eccolo qui leggermente modificato e comunque scritto nella maniera più semplice possibile, tale da essere compreso proprio da chiunque. Contrariamente a quanto si pensi, macchina per scrivere e calcolatrice non sono parenti stretti e, anzi, la seconda ha addirittura una storia molto più lunga. La meccanica, anche se molti pensano che sia una disciplina obsoleta e pressocchè inutile, ha permesso, fino a pochi anni fa, di realizzare soluzioni estremamente sofisticate e funzionali a problemi di calcolo molto complessi e solamente in termini di velocità il computer si è dimostrato leggermente superiore. Con la meccanica è davvero possibile fare di tutto, anche se chi è nato nell'era dell'informatica non lo sa... o non se lo ricorda.

 

 



ARMU Typewriters

Il volo dell'intelletto - George Edward, circa 1830 - immagine tratta dal web

La storia dell’uomo è caratterizzata dalle conquiste tecnologiche. A ogni passo in avanti del cammino del progresso, nuove macchine e nuovi ritrovati hanno permesso di concretizzare sogni fino a poco prima irrealizzabili. Ciò che una volta era possibile solo immaginare diventa, prima o poi, una realtà e tanti sono gli esempi che possiamo indicare, dal sogno di volare di Icaro


icarus

Icaro e Dedalo


wright

Wright brothers, 17 dicembre 1903 - immagini tratte dal web

a quello di correre sempre più veloci su veicoli sempre più potenti



car


train


supercar


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Immagini tratte dal web


a quello di vedere ciò che succede in posti lontani.



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TV meccanica degli anni Venti

TV


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Immagini tratte dal web


L’idea di semplificare, accelerare e facilitare il calcolo è antichissima e risponde soprattutto alla necessità di trasformare un compito estremamente ripetitivo e noioso ma anche eccezionalmente importante in un’operazione facile, sicura e affidabile. Fare di conto è, infatti, un’esigenza che affonda le sue radici all’alba delle civiltà, con lo scopo di amministrare beni e territori. Il calcolo è nato ben prima della scrittura: lo si
nota, infatti, innato già nel bambino in età prescolare


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Conta a mano dei bambini europei - immagine tratta dal web

e si presume che l’esigenza di tenere conti sia nata spontaneamente circa trentamila anni fa quando gli uomini dovettero cominciare ad associarsi nelle attività di caccia, pastorizia e coltivazione: la necessità di dividere i frutti del lavoro e tenere sotto controllo i propri beni fu la spinta primaria per l’invenzione dei primi sistemi di calcolo, generalmente basati su elementi simboleggianti le dita della mano.



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Immagini tratte dal web

Strumenti di calcolo veri e propri sono stati inventati e impiegati, successivamente, quando l’uomo ha cominciato a scambiare i suoi prodotti passando dal semplice baratto all’arte del commercio. Si parte dalle tavolette di argilla impiegate in Mesopotamia per la semplice registrazione delle entrate e delle uscite di merci e si arriva al primo vero strumento di ausilio per il calcolo, l’abaco inventato in Cina intorno ai quattromila anni
fa. Notiamo che il termine moderno “calcolo” deriva dal latino “calculus” che identifica un semplice sassolino, l’elemento impiegato per insegnare a fare di conto ai bambini. La meccanica viene per la prima volta applicata alla funzione di semplice somma in un geniale strumento di probabile invenzione greca (donde il nome), l’odometro, che serve a visualizzare una distanza su dischi rotanti azionati dal moto di una ruota di un carro; questo strumento è la prima forma di calcolo meccanico applicato all’industria e al commercio. 



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Carro romano con funzione di odometro - immagine tratta dal web

Esistono evidenze che dimostrano il suo utilizzo in campo terrestre e marittimo per misurare le distanze percorse. I romani perfezionano lo strumento e lo impiegano diffusamente per la costruzione della loro enorme rete stradale e si può dire che l’odometro sia stato basilare proprio per consentirne le celebri caratteristiche di precisione. Menzionato e perfezionato anche da Leonardo da Vinci, l’odometro sfrutta invenzioni geniali come la vite senza fine e l’ingranaggio di riporto e costituisce il primo esempio di calcolo meccanico e il punto di partenza per lo sviluppo delle calcolatrici meccaniche basate su dischi rotanti e ingranaggi del Seicento. L’odometro rimane pressoché inalterato per molti secoli e ancora oggi è possibile vederlo all’opera nei cantieri stradali.


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Immagini tratte dal web


Nel Cinquecento lo sviluppo dell’orologeria pone le basi per la meccanica di precisione. Molti artigiani raggiungono notevoli vette nella costruzione di ingranaggi di piccole dimensioni che consentono agli orologi di diminuire gli ingombri e migliorarne le caratteristiche di precisione e regolarità. Peraltro non esiste ancora un processo industriale standardizzato e semplicemente ogni costruttore di orologi produce macchine
completamente diverse e incompatibili con analoghe costruite da altri. Nel Seicento la meccanica di precisione è ormai matura per lo sviluppo delle prime macchine contatrici, che non sono altro che tentativi di automatizzare somme di numeri. L’idea è gettata ma molte lacune di progetto e tecnologiche non facilitano il lavoro dei costruttori che si accingono a questa sfida. Notevole, comunque, in questo momento storico, rimane il lavoro
del tedesco Wilhelm Schickard, che già nel 1623 mette a punto la prima calcolatrice meccanica a sei cifre, sia pure con qualche difetto costruttivo legato alle difficoltà tecnologiche e a quelle progettuali. Il matematico tedesco è il primo a realizzare una macchina meccanica, definita da lui stesso “orologio contatore” che, anche se mancante di alcuni dispositivi necessari e impossibili da realizzare mediante la tecnologia della sua epoca, rappresenta il fondamento delle giuste intuizioni e delle esatte procedure tecniche e comunque anticipa il lavoro più famoso di Blaise Pascal di una ventina di anni.


Schickard



Ricostruzione dell'Orologio Contatore di Wilhelm Schickard  - immagine tratta dal web

E’ celebre, in tal senso, la macchina addizionatrice di Blaise Pascal datata intorno al 1645, la cosiddetta Pascalina, che è passata alla storia per essere la prima macchina addizionatrice realmente funzionante, sebbene meno sofisticata di quella di Schickard, e fu il punto di partenza per una serie pressoché infinita di dispositivi via via sempre più sofisticati.

 

Pascal

Ricostruzione della macchina calcolatrice di Pascal - immagine tratta dal web


Macchine in grado di eseguire somme e sottrazioni ma non divisioni e moltiplicazioni cominciano a diffondersi, anche se rimangono delicate e costose e non in grado di reggere un lavoro continuo ed intenso. A partire dalla seconda metà del Seicento diversi costruttori realizzano calcolatrici diverse e sviluppano meccanismi geniali, anche se in tutti i casi si tratta di opere con impronta artigianale e realizzate in piccolissime serie e destinate
a rimanere poco diffuse. Infine la macchina di
Gottfried Wilhelm von Leibniz, concepita intorno al 1694 e sviluppata dallo stesso inventore negli anni successivi, fu la prima vera e completa macchina calcolatrice in grado di effettuare le quattro operazioni e anche radici quadrate grazie all’introduzione del tamburo accumulatore che può essere spostato trasversalmente per scomporre in semplici serie di addizioni e sottrazioni le operazioni di moltiplica e divisione.



L

Leibnitz

Replica della calcolatrice di Leibniz - immagini tratte dal web

Da questo momento in poi il calcolo meccanico è pronto, sia concettualmente che tecnologicamente, a diffondersi in tutto il mondo. Grazie al  grande sviluppo della tecnologia meccanica di precisione nell’industria dell’Ottocento lo si vedrà invadere uffici e società commerciali di ogni dimensione.


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Olivetti Divisumma 24 (1966) - immagine tratta dal web

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Nel frattempo un’altra esigenza stava nascendo, intorno all’età medioevale. La trasmissione della cultura e delle informazioni era da sempre affidata ai manoscritti, in una lunghissima epoca in cui l’alfabetizzazione era pressoché riservata a potenti, nobili e benestanti che dovevano comunque quasi sempre rivolgersi a persone specializzate nell’arte della scrittura, gli scrivani; la diffusione dei libri manoscritti fu ovviamente molto lenta e soggetta ad errori e manchevolezze dato che i volumi, che potevano essere solamente ricopiati a mano da altri tecnici parimenti specializzati, diventavano via via copie di copie e soggette a frequenti errori di trascrizione. Si comprende facilmente come problemi dell’interpretazione della grafia producessero gravi difficoltà nella riproduzione manuale di un volume. Fu in questo contesto che l’idea di meccanizzare e standardizzare la
scrittura sorse nel Trecento e portò, gradualmente per mezzo di idee e inventori diversi, alla nascita della stampa, realizzata con numerose diverse tecniche in tutto il mondo. La stampa a caratteri mobili fu un traguardo che permise il primo salto di qualità nella diffusione del sapere e per la prima volta rese disponibile un maggior numero di copie di un’opera scritta. Ma ciò, se risolveva il problema della qualità del volume e permetteva
l’abbattimento dei costi, non era ancora la soluzione all’esigenza di ogni persona che si dedicasse al commercio e alle arti di redigere scritti, note, bollette e lettere di corrispondenza. Tutti documenti che dovevano comunque essere impiegati per permettere lo scambio sempre maggiore di beni e servizi. Nel Settecento appaiono le prime idee di macchine atte a imprimere su carta caratteri simili a quelli di stampa per ottenere, in una sola copia e immediatamente, un documento perfettamente leggibile da chiunque. Con lo scopo di superare anche l’ostacolo della grafia di difficile interpretazione, Henry Miller nel 1714 realizza una macchina che effettivamente riesce, piuttosto laboriosamente, a lasciare segni di scrittura sulla carta ma l’apparecchio è ben lontano dall’essere una macchina utilizzabile velocemente e proficuamente.
L’Ottocento è il secolo della macchina

per scrivere vera e propria: dapprima, nella prima metà del secolo, molti inventori si distinguono per produrre alcuni passi intermedi davvero notevoli, elementi meccanici che realizzano in parte il lavoro di selezione, inchiostrazione e impressione su carta di un carattere. Il meccanismo che permette questo lavoro è oggi definito “cinematico” e rappresenta il cuore della macchina per scrivere a tal punto che ogni fabbricante realizza e brevetta il proprio e lo sviluppa per renderlo sempre più efficiente e preciso.

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Macchina per scrivere Underwood - circa 1910 - immagine tratta dal web

Intorno alla metà del secolo nasce anche la carta carbone, segno che la società è ormai esigente anche nel campo della produzione di copie immediate di un documento, e solo pochi anni più tardi molti inventori pensano alla macchina per scrivere come ausilio per le persone prive della vista; anche in Italia Carlo Ravizza presenta il
suo Cembalo Scrivano esattamente con questo intento.


Ravizza


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Il Cembalo Scrivano di Ravizza (replica) - immagini tratte dal web

Poco più tardi, finalmente, e dopo che molte macchine dalle bizzarre trovate meccaniche e tecnologiche appaiono e scompaiono nel giro di pochi anni, la macchina per scrivere diventa un apparecchio che può essere prodotto in serie e venduto e quindi utilizzato da una vastità di persone dietro un relativamente semplice addestramento. Dalla fine dell’Ottocento la macchina per scrivere è uno strumento maturo, completo ed efficiente che invade il mondo e che permette il sorgere di moderne attività di amministrazione
per società sempre più grandi e diffuse nel mondo. Nasce così la figura del dattilografo e molto spesso si tratta di una donna, che finalmente si vede inserita nel mondo del lavoro in una posizione importantissima che richiede precisione e rapidità. La segretaria diventa la figura più importante in tutte le società
commerciali.



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Segretarie dattilografe - immagini tratte dal web

La nascita della macchina per scrivere ha permesso di rendere la scrittura veloce come il pensiero e di condividere con il prossimo idee che potrebbero rimanere sepolte o dimenticate solamente a causa della cattiva grafia dell’autore. Finalmente chiunque, se può accedere all’uso di una macchina di questo tipo, è in grado di farsi leggere da un vastissimo pubblico. I caratteri scritti su carta, assolutamente regolari, uniformi e chiari, possono essere letti con facilità. Nella prima metà del Novecento la macchina per scrivere invade
qualunque ufficio e molti ritrovati tecnologici la velocizzano.  Nascono macchine per scrivere dotate di  motori elettrici, capaci di scrivere a grande velocità e in grado di imprimere molte copie alla volta e arrivano anche macchine in grado di compilare contabilità. La meccanica arriva, già negli anni Trenta, a un tale grado di perfezionamento tecnico che permette all’uomo di scrivere anche più velocemente della lettura e in questo
senso è stato un italiano, Alfredo Tombolini, grande tecnico meccanografico del Novecento, a diventare campione mondiale di velocità di scrittura dattilografica utilizzando una macchina manuale da lui stesso modificata e preparata,  fissando primati a ripetizione e arrivando un record di velocità nel 1950 di 948 battute al minuto che è destinato a rimanere imbattuto per sempre. Leggenda vuole che Tombolini scrivesse più veloce
dell’incaricato alla dettatura!


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Alfredo Tombolini, circa anni Trenta - immagine tratta dal web

Il passo successivo è stato quello dell’introduzione dell’elettronica negli anni Settanta che, se da un lato non ha aumentato la velocità della scrittura, ne ha ampliato enormemente la versatilità; la macchina per scrivere elettronica è arrivata, negli anni Ottanta, a gestire e archiviare migliaia di documenti e solamente in seguito allo sviluppo dei primi computer di massa, che richiesero circa dieci anni per recuperare il ritardo, si è giunti
all’esaurimento di ulteriori sviluppi della macchina per scrivere. In questo campo Olivetti nel 1978 fu la prima produttrice al mondo di una macchina per scrivere completamente elettronica, ma già dieci anni prima Olivetti realizzava il primo vero computer destinato all’amministrazione aziendale.

Olivetti è il nome che da sempre, in Italia, indica la macchina per scrivere. Ma Olivetti
è un nome famoso in tutto il mondo ed è ancora oggi riconosciuto per innovazione tecnologica, creatività e design. Macchine che hanno fatto la storia della dattilografia e che hanno letteralmente invaso il mondo sono la M40, la Lexikon 80, la Diaspron 82, la Tekne e la Editor e le portatili MP1 ICO e Lettera 22. Queste macchine sono ancora oggi conosciutissime e ricercate e sono state prodotte in milioni di esemplari in innumerevoli versioni. Alcune macchine sono diventate, al loro apparire sul mercato, veri standard del design e celebrate nei musei ed esaltate nei luoghi di ricerca industriale. Olivetti significava, ancora negli anni Settanta, l’apice della creatività e dell’industria italiana e chi lavorava in Olivetti o riparava Olivetti era considerato un tecnico di successo. Possedere una macchina Olivetti era motivo di orgoglio e la si poteva acquistare anche a rate. La macchina era quindi custodita gelosamente e conservata con cura e non era infrequente portarla in uno dei tantissimi centri assistenza per far eseguire manutenzioni e riparazioni.

 

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Olivetti Valentine - immagine tratta dal web


Questo modo di pensare è oggi pressoché dimenticato, in un’era digitale che prevede il continuo ricambio di computer e stampanti che diventano obsoleti in brevissimo tempo: possedere un cellulare o un tablet è una soddisfazione che deve durare solo pochi mesi poiché un nuovo modello sarà lanciato sul mercato entro poco tempo e l’informazione pubblicitaria renderà assolutamente necessario acquistare un nuovo modello per non sentirsi fuori moda. Invece l’Olivetti Lettera 22 era studiata e fabbricata per durare decenni e chi ancora oggi la possiede è ancora oggi orgoglioso. Olivetti ha anche prodotto calcolatrici che sono state vendute in tutto il mondo e riconosciute come innovative e all’avanguardia già negli anni Quaranta. La meccanica delle calcolatrici elettriche, come le celebri Divisumma, è di eccelso livello e in moltissimi uffici era considerata una vera preziosissima risorsa. Le grandi aziende che dovevano compilare contabilità in elevati volumi disponevano
di stanze appositamente pensate per l’uso intensivo di calcolatrici e macchine per scrivere in epoche precedenti l’arrivo dei primi computer. Il frastuono prodotto da cinquanta macchine per scrivere che battevano ferocemente e contemporaneamente è un suono oggi non più ascoltabile, ma autentico ricordo di anziani tecnici e capitani di industria che, in epoche che oggi paiono davvero remote, lavoravano e producevano con entusiasmo e alacrità.
Nell’era del computer e di internet non si vivono più di simili esperienze. Non si può dire che sia un male ma certamente anche quelli erano bei tempi.



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Olivetti Divisumma 24 - immagine tratta dal web

 

 

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